Francesco Urpi
09/12/2016
Francesco Urpi non ha frequentato accademie, né maestri, eppure disegna come un artista autentico: va quindi annoverato tra i talenti naturali. Del resto, per passione istintiva, traccia sulla carta, fin dall’infanzia, forme e figure con tecnica rigorosamente veristica, ricca, però, di magia creatrice. Il suodisegnare, tuttavia, non è semplice esercizio o sfogo, bensì un bisogno interiore di oggettivare la propria ricerca, che si estende dalla composizione del paesaggio, alla figura umana, dallo studio del particolare a soggetti di più intensa penetrazione psicologica (come nei ritratti, dove dimostra grande qualità nell’esprimere l’interiorità dei volti raffigurati. La minuziosa perizia tecnica di Urpi nel cogliere la fisionomia dei modelli - sorretta anche dalla ricerca di una relazione fra carattere ed espressione, quasi volesse fissare nei visi, e per sempre, l’esistenza che sfugge - conferisce ai suoi fedeli ritratti una dimensione di magica risonanza che nessuna macchina fotografica potrebbe mai mettere in evidenza).Inoltre, lavora spesso su di uno stesso tema con varie distanze focali e proiettive, per far venire alla luce nuovi livelli interpretativi (come in talune composizioni del dramma umano-divino del Cristo, che diventano, in ultima analisi, sintesi del messaggio spirituale dell’autore).Le opere di Urpi - vibranti in ogni dettaglio, con sottilissimi passaggi chiaroscurali che ben ci fanno vedere il ruolo importante che gioca la luce nella sua visione d’insieme - possiedono, in generale, quella bellezza che sa rendere l’espressività colma di significati, con prerogative personali di scelta. Questo artista ci sembra maggiormente efficace nelle tavole legate ad un lessico di immagini, in cui prevalgono visioni-raffigurazioni tra il fantastico e l’onirico, in una sorta di immersione negli strati della materia e della psiche. Molte rappresentazioni di magmatici e inquietanti scorci - ispirati alla sua terra, la Sardegna - ci appaiono simili a sgomenta metafora di una tecnologia contemporanea, che potrebbe divorare la nostra civiltà. Da questi fogli - disseminati di oggetti, di relitti industriali o di reperti tecnologici, in un ambiente in rovina - gronda un silenzio incombente e vuoto, che inesorabilmente ci scava dentro.I paesaggi solitari di Urpi, spogli e tormentati, magari con abitazioni fatiscenti, sono privi di figure umane, eppure l’uomo è presente più che mai nelle case disabitate, da lui costruite con fatica o negli attrezzi e nelle cose che ha creato e che ora giacciono abbandonati un po’ ovunque. Egli è lì, fuori dalla composizione, a contemplare ancora una volta il suo “luogo-abitazione”: un luogo che è costato secoli di lotte, di sacrifici, di tragedie, di gioie anche; un “luogo” che è l’irradiazione dell’umanità nel suo faticoso cammino, mai comunque privo di speranza nel prosieguo della vita. Una prospettiva, questa, che ci piace accogliere come messaggio dell’arte di Urpi, attenta alle problematiche umane, perfino quando è circoscritta a intimismi personali.Altri disegni - sempre incisivi ed eseguiti con pienezza di mezzi espressivi - sono più poetici, con l’incanto fiabesco delle sue linee sinuose, da cui emergono dolcezze private, o emozioni inventive calde e passionali (come nei nudi o in certi quadri sensuali). Infine, tutti i lavori di Francesco Urpi (nato a Verbania nel 1972 e da sempre residente a Sanluri, in provincia di Cagliari, dove vive e opera), da quelli naturalistici a quelli fantastici, sono vere e proprie allegorie: immagini-visioni intense e palpitanti che diventano uno stimolo per riflettere e meditare. Egli, come ho già sintetizzato, non trasmette solo contenuti descrittivi, ma anche l’emozione e la tensione che sta dietro di essi, perché l’autore ha veramente qualcosa da dire: la sua forza comunicativa genera in noi personali sentimenti e riflessioni.
Nel 2016 espone con una Mostra Personale “ Spirito di Stresa” nella città di Stresa, organizzata dall' Assessorato al Turismo della città di Stresa